Fratelli Cervi, la storia e la memoria

“Fratelli Cervi. La storia e la memoria”: alla Camera dei Deputati, mercoledì 16 aprile, ho promosso un evento in collaborazione con l’Istituto Cervi.

Fratelli Cervi. La storia e la memoria” è il titolo del saggio – edito da Viella – che abbiamo presentato a Roma, alla Camera dei Deputati – Sala della Regina, mercoledì 16 aprile. All’evento, dopo il saluto dell’On. Anna Ascani, Vicepresidente della Camera dei Deputati, che ha patrocinato l’iniziativa, e di Albertina Soliani, Presidente dell’Istituto Alcide Cervi, sono intervenuti gli autori del saggio, Alessandro Santagata, Toni Rovatti e Giorgio Vecchio, con le conclusioni affidate a Walter Veltroni.

Il libro

Il libro – uno studio molto recente – ricostruisce le storie della Famiglia Cervi, investiga l’universo contadino in cui vissero, segue i diversi percorsi che li portarono all’opposizione al fascismo, al rifiuto della guerra, alla scelta partigiana, fino all’arresto e alla fucilazione, ripercorre gli anni successivi, nei quali prese forma la narrazione del loro sacrificio e si strutturò il loro ricordo, rivelando difformità e conflitti che emergono dall’analisi del rapporto fra storia e celebrazione.

Il mio intervento

La storia della Famiglia Cervi è una vicenda paradigmatica e fondativa dei valori che stanno alla base della nostra Costituzione e della nostra democrazia. Nel fare questa affermazione, non mi riferisco tanto – o solo – all’esito drammatico seguito alla loro scelta antifascista: perché leggere e conoscere questo pezzo di storia ci parla di vita e non di morte, ci parla di futuro e non di passato. Dunque, la storia della Famiglia Cervi non è quella del loro assassinio, ma è quella delle loro scelte e del contesto – famigliare e sociale – in cui queste avvennero. Tre, in particolare, mi sembrano degne di attenzione, rispetto a quanto abbiamo appena detto.
La prima ha a che fare con il tema del riscatto, attraverso il lavoro e la conoscenza. Fin dai primi Anni Trenta, infatti, la Famiglia Cervi da un lato si è adoperata per accrescere le proprie competenze in campo tecnico e agricolo, partecipando a corsi di formazione, attenta a tutti i progressi tecnologici in grado di migliorare la loro attività professionale, le rese dei terreni e, al contempo, le condizioni dei lavoratori. Dall’altro, ha espresso la necessità e la voglia di “condividere cultura”, una volontà da cui nasce, per esempio, l’esperienza della biblioteca popolare e anche, successivamente, la facilità nel mettersi in rapporto con rifugiati provenienti da varie parti d’Europa. Tutto questo, portato avanti da persone che non avevano avuto la possibilità di potersi permettere un’istruzione secondaria e che avevano visto un percorso scolastico molto accidentato, all’interno di strutture classiste dove i poveri erano spesso respinti unicamente a faticare nei campi e ritenuti non adatti ai banchi di scuola. Questa loro modernità, anticipa alcuni dei passaggi più importanti e belli della futura Costituzione repubblicana, dove l’istruzione gioca un ruolo primario e dove la Repubblica stessa viene chiamata a eliminare gli ostacoli che impediscono ai meno facoltosi di potersi avvicinare alla scuola.
La seconda scelta è – ovviamente – quella antifascista. Ed è una scelta, questa, che anticipa la nascita stessa della Resistenza, perché parte più da lontano, affondando le radici in quel contesto di valori, ideali e prospettive popolari che diedero vita – in terre emiliana, con grande evidenza – alla straordinaria esperienza dei primi movimenti e partiti popolari, sia di ispirazione socialista che cattolica. Da qui nascono le prime conquiste dei lavoratori e quella stessa idea cooperativistica che alla base vede non tanto un semplice miglioramento salariale, quanto la possibilità che gli strumenti produttivi passino dalle mani di una borghesia capitalistica interessata solo al profitto, a quelle degli stessi lavoratori: è questa la grande intuizione della cooperazione, che il “fare insieme”, il condividere, sia una via di riscatto non solo economico, ma sociale, politico, culturale e che le Istituzioni non possano disinteressarsi delle proprie classi più povere (oggi diremmo delle “fragilità”).
Da qui, da questi principi, che allora furono negati prima dalla violenza delle squadracce fasciste e poi da vent’anni di Regime, nascono le basi del nostro attuale welfare, che possiamo incarnare principalmente in tre diritti, pubblici e universalistici: il diritto al lavoro, il diritto all’istruzione e il diritto alla salute. E non a caso, si tratta di diritti che, oggi, si trovano tutti sotto attacco, per un motivo o per l’altro.
La terza scelta riguarda le donne. Può sembrare paradossale parlare di donne nell’ambito di una vicenda che ha visto il martirio di sette fratelli e la loro prima memoria affidata alle parole e all’opera del papà, Alcide. Ma una lettura più approfondita della loro vita – e anche in questo ci aiuta molto questo splendido libro, che oggi presentiamo – ci offre uno spaccato diverso, in cui le donne della Famiglia Cervi giocano un ruolo da protagoniste, fin dall’inizio. In primo luogo, Genoeffa Cocconi, la mamma, una personalità che si sta riscoprendo compiutamente solo negli ultimi anni, ma che, a ben vedere, è alla base di molte delle future scelte dei membri della sua famiglia. Una donna, certamente figlia del proprio tempo, ma mai sottomessa a una condizione acritica, capace di portare e veicolare all’interno della propria casa l’importanza della cultura, la bellezza del sapere. Emerge in modo molto nitido un tratto specifico della personalità di Genoeffa, che ha a che fare con la sua forza morale e con un’originalità di pensiero che le permettono di rappresentare e tenere vivi in lei tutti i valori della comunità contadina, con in più un elemento che risulterà fondamentale: la ferma opposizione alle ingiustizie, ai soprusi, agli usi di quella mezzadria dove, non di rado, erano previsti servizi e obblighi quasi di natura feudale. Una donna di grande e semplice Fede, che affiancava la lettura del Vangelo a quella della propria contemporaneità e che aveva il sogno e l’ambizione della libertà. A Genoeffa, segue poi la straordinaria figura di Lucia Sarzi, una donna libera, di fatto e di idee, capace di amare e di lottare per la giustizia e di fare entrambe le cose in modo non convenzionale, in un tempo e in una società che ben difficilmente permetteva alle donne di esprimere le proprie idee e il proprio talento. A lei, alla sua opera, alle sue idee, si deve molto delle scelte politiche compiute dai Fratelli Cervi. Infine, tutte le altre donne della Famiglia Cervi, mogli, madri, vedove, attiviste che, insieme, costituiscono l’eredità più preziosa, riflesso e fondamento della nostra Repubblica e della nostra società civile, basata su antifascismo, lotta per i diritti e il progresso, materiale e morale, e per la parità di possibilità fra uomo e donna.

La memoria migliore

Facendo memoria di questa storia, in realtà facciamo memoria della parte migliore della nostra comunità, perché di fronte a un’attualità che spesso ci sconcerta, nella vita, nelle scelte e nella testimonianza lasciata dalla Famiglia Cervi, è possibile ritrovare il senso profondo dei nostri valori e ritrovare noi stessi in una dimensione umana, sociale, politica dove a prevalere non è la legge del più forte, non è l’arroganza del più prepotente, ma una prospettiva di futuro basata su uguaglianza, giustizia, libertà e democrazia e accoglienza.

Il video dell’iniziativa

Il video integrale dell’iniziativa è qui.