Salute, no IRCSS “ad personam”
Martedì 11 aprile sono intervenuta alla Camera nel corso della discussione generale sulle mozioni concernenti iniziative in materia di riconoscimento di Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico specializzati nelle patologie ambientali.
La ricerca sanitaria è fondamentale per un sistema sanitario nazionale che deve essere efficace per garantire un buon diritto alla salute a tutti i cittadini. In questo campo, sicuramente, gli IRCCS svolgono un ruolo fondamentale: si tratta di importanti istituzioni che hanno il compito di unire le capacità assistenziali e di cura di un ospedale con le legittime esigenze di ricerca in ambito biomedico a cui un Paese come l’Italia deve ambire. Con la delega il Parlamento ha cercato di potenziare il ruolo degli IRCCS che saranno determinanti per assicurare al nostro Paese un ruolo di primo ordine nel panorama internazionale della ricerca biomedica. Nonostante il quadro di eccellenza, pur nella scarsezza di risorse stanziate, non vi è alcun istituto tra i 53 IRCCS italiani esistenti che si occupi di studiare patologie legate agli agenti atmosferici e agli agenti ambientali, nonostante questi siano in continuo aumento e il rapporto con l’ambiente sia una delle determinanti fondamentali dello stato di salute della popolazione umana. Occorre migliorare le politiche e le strategie messe in atto dal Servizio sanitario nazionale per la prevenzione, il controllo e la cura delle malattie associate ai rischi ambientali e climatici perché la pandemia ha trasformato la nostra società e i cambiamenti avvenuti hanno impattato su diversi settori, non da ultimo quello della diagnostica, imponendo nuove dinamiche operative, organizzative e gestionali. Siamo certi che il Governo si vorrà impegnare, nel caso si valutasse la necessità di istituire nuovi IRCCS per quanto riguarda le patologie correlate all’ambiente in ragione di una maggiore tutela della salute delle persone, a collocarli in quei territori dove maggiore è la carenza di tali istituti, in particolare nel Mezzogiorno, accompagnando tale riconoscimento con un adeguato finanziamento del Fondo sanitario nazionale, con l’obiettivo di evitare un’ulteriore grave diminuzione del finanziamento medio per istituto, già oggi dimezzato.
Non siamo certamente contrari a istituire nuovi IRCCS, né tantomeno a istituirli in ambito scientifico legato alle patologie ambientali, ma crediamo che non servano né fughe in avanti, né nuovi IRCCS un po’ ad personam o destinati ad alcune città già definite dalla politica: la politica faccia il suo lavoro, sul piano strutturale e finanziario, dato che oggi, infatti, ci sono già molte richieste pendenti di nuovi IRCCS – 22 per l’esattezza – che non sono ancora state vagliate. Gli IRCCS andranno riconosciuti solo qualora abbiano caratteristiche e requisiti necessari e dovuti, ma non possono essere certamente attivati senza risolvere alcune criticità strutturali, quali la stabilizzazione del personale di ricerca a tempo indeterminato e senza finanziamenti aggiuntivi. Questo deve fare la politica, questo dobbiamo fare noi: continuare a investire sulla ricerca, destinando più risorse, facendo ogni sforzo per accogliere richieste di nuovi IRCCS laddove ci siano i requisiti richiesti, mirando a una distribuzione omogenea degli istituti nel paese, per garantire il diritto alla salute in tutto il Paese ai cittadini e alle cittadine.