Emicrania, una patologia di genere

Emicrania, una patologia di genere.

L’emicrania è una patologia di genere, perché per ogni uomo che ne soffre, ci sono tre donne colpite nel nostro Paese e l’appello che posso fare è quello di non tardare a recarsi dal proprio medico, per essere poi indirizzate verso uno specialista. Lo dico perché oggi si aspetta quasi fino a cinque anni prima di arrivare a una presa in carico e a una diagnosi corretta e questo significa un allungamento del dolore e della sofferenza e comporta, inoltre, una cronicizzazione della patologia.

Martedì 18 giugno sono intervenuta a Roma in occasione del convegno “Emicrania: progetti innovativi di presa in carico“, che si è svolto nella Sala del Cenacolo del Complesso di Vicolo Valdina.
Sul tema “emicrania” avevo presentato nei mesi scorsi un’interrogazione che ancora attende risposta.

Credo sia necessario attivare una campagna di informazione per sensibilizzare su questa patologia, che ha la necessità di essere riconosciuta tra quelle croniche e rientrare nei LEA per garantire una migliore qualità di vita a chi ne soffre.

Ma perché soprattutto le donne tardano ad arrivare ad una diagnosi? Perché le donne sopportano di più, ma soprattutto, ricadendo su di loro un maggiore onere e una maggiore cura della famiglia, sono quelle che fanno più rinunce, mettendo più facilmente i loro bisogni in secondo piano rispetto alle esigenze del nucleo familiare o al loro ruolo di caregiver. Quindi la donna, spesso e volentieri, diventa l’elemento fragile del contesto familiare, ma anche quella che, allo stesso tempo, si fa più carico di un lavoro di cura. Invece è giusto uscire dall’ombra, perché il diritto alla salute deve essere uguale per tutti, uomini e donne nel nostro Paese.