Sanità pubblica demolita ed enti locali tartassati: il mio intervento in Parlamento sulla Legge di Bilancio
Sanità pubblica destrutturata, pezzo per pezzo. Enti locali tartassati: questi gli argomenti che ho toccato nel mio intervento in Parlamento, giovedì 28 dicembre, nel corso della discussione sulla Legge di Bilancio.
Universalità dei destinatari, uguaglianza dei trattamenti, rispetto della dignità e della libertà delle persone. Con questo spirito nel 1978 è stato istituito il servizio sanitario nazionale e con questo spirito abbiamo lavorato alla legge di bilancio.
Una legge di bilancio che riteniamo miope, poco lungimirante, elitaria, iniqua e sbagliata perché non va nella direzione di garantire il diritto alla salute per tutti. Il sistema sanitario pubblico e universalistico rappresenta un pilastro insostituibile della democrazia, ma questa consapevolezza politica, anche trasversale, maturata durante il Covid, è durata pochissimo. Nessun investimento serio, continuo e progressivo in un paese dove crescono le disuguaglianze sociali, dove la povertà aumenta e dove, soprattutto nella sanità, ci sono profondi divari regionali che aumentano le disuguaglianze tra nord e sud. Ma nessun investimento nemmeno sul personale, che troppo spesso abbandona strutture pubbliche per andare verso quelle private o all’estero, a causa di turni massacranti e una professione non più riconosciuta nella sua importanza e autorevolezza. Abbiamo lavorato su tanti emendamenti, ma ci è stato detto no all’aumento del fondo sanitario nazionale, no a nuove assunzioni, no all’eliminazione del tetto al personale, no ad un piano serio per abbattere le liste di attesa, no a risorse per la non autosufficienza, nessun aumento del fondo per le disabilità, no al potenziamento dell’assistenza territoriale.
Tuttavia sono stati detti anche dei “sì”: per esempio alla deroga al tetto di spesa per acquisti di prestazioni sanitarie da privati.
Così muore la sanità pubblica.
Questi tagli, insieme alle tante mancanze di questa manovra, si sommano ai tagli diretti agli enti locali, mettendo a rischio bilanci e servizi. Meno 200 milioni ai Comuni, meno 50 milioni alle Province e meno 350 milioni alle Regioni. I Comuni, soprattutto, si troveranno soli ad affrontare le nuove povertà e le crescenti disuguaglianze e saranno costretti ad aumentare la tassazione locale per continuare ad aiutare i propri cittadini così esposti e ad erogare servizi essenziali. Una situazione critica in ragione dei tagli che, dopo sette anni, sono tornati a colpire gli enti locali.
Una manovra illusoria, inefficace, poco credibile che strizza l’occhio ai più forti, lasciando indietro i fragili.